Le diverse condizioni che permettono il bullismo riguardano la continuità delle aggressioni (in quanto presenti ripetitività e prevaricazione protratte nel tempo), l’asimmetria nella relazione (dove vi è ineguaglianza di forza e potere), l’intenzionalità delle aggressioni (in quanto vengono messi in atto comportamenti discriminatori intenzionali per causare danno e sofferenza nella vittima), infine la natura sociale del fenomeno (la quale implica che gli episodi si verificano in presenza di terze parti, spettatori o complici che sostengono o legittimano le azioni del bullo) . Il bullo “dominante” ad esempio può prendere in giro i compagni, rivolgendosi in particolare agli studenti più insicuri e apparentemente deboli; il bullo “ansioso”, che spesso affianca il bullo dominante, si caratterizza per una personalità
insicura e nella maggior parte dei casi per un basso rendimento scolastico; infine il bullo “vittima” è colui che viene a sua volta denigrato dai compagni e che mette comunque in atto uno stile di interazione reattivo. Nonostante il bullo venga visto come caratterizzato da insicurezza ed una scarsa autostima, Olweus descrive i bulli dominanti, sicuri di sé e come persone che difficilmente mettono in dubbio il loro valore. Esistono invece due tipologie di vittime: quelle “passive” sono le persone attaccate che generalmente presentano una bassa autostima e un pattern di insicurezza, mentre quelle “provocatrici” sembrano manifestare dei comportamenti che infastidiscono i bulli stessi e che elicitano delle reazioni discriminatorie. A differenza del bullo vittima, la vittima provocatrice mostra maggiori livelli di vittimizzazione.
Il bullismo ha diverse forme, in quanto vengono messi in atto comportamenti fisici, come attaccare la vittima o sottrarle qualcosa in suo possesso, verbali quando sono presenti insulti, minacce e offese, non verbali o visive quando si gesticola in modo minaccioso e osceno, oppure indirette e relazionali quando si formano delle coalizioni o dei gruppi contro una persona, con lo scopo di denigrare o isolare quest’ultimo (Allodola, 2020). Secondo alcuni autori il bullismo riguarda una forma di oppressione e prevaricazione in cui ogni membro ricopre un ruolo specifico : le figure sono il bullo, gli aiutanti e sostenitori del bullo, la vittima, i difensori della vittima e la maggioranza silenziosa. Quest’ultima appare come molto pericolosa, in quanto mentre il bullo viene rinforzato dal supporto e dall’attenzione che riceve da parte di terzi, questa maggioranza è indifferente alla situazione generale e passa un messaggio silenzioso di mancanza di interesse (Menesini, 2008). Un altro mito da sfatare nella realtà scolastica è la persona bullizzata: tali fenomeni non si verificano soltanto tra compagni, bensì ci sono alunni che aggrediscono i docenti e, al contrario, docenti che bullizzano i loro studenti. Negli ultimi anni sono state proposte diverse ipotesi psicoeducative e protocolli per fronteggiare questa condizione sempre più diffusa, ma perché il bullismo esiste?
Nel 2009, Esposito ha scritto un libro sul tema evidenziando come i fattori familiari, ambientali e culturali influenzano quei comportamenti che spesso definiamo come devianti: le relazioni deteriorate determinano una mancata acquisizione delle norme culturali e la confusione dei ruoli può portare ad un’identità negativa, cioè non stabile e contornata da tratti antisociali. Ricerche utili in futuro potrebbero focalizzarsi principalmente sulle dinamiche familiari vissute e sull’importanza dei rinforzi sociali di cui necessitano quegli individui che hanno bisogno di dominare all’interno di un contesto, con lo scopo di poter applicare in modo maggiormente funzionale gli interventi esistenti per prevenire tali forme di discriminazione.